roberta cavallari

Pittore
Rovereto
Foto del profilo di roberta cavallari
Studia pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna dove consegue il diploma nel 2001. Si forma come docente di Disegno e Storia dell’arte presso l’Università di Bologna e nel 2009 frequenta il biennio di specializzazione in fotografia presso la medesima Accademia. Tappe significative della sua formazione sono una borsa di studio Erasmus a Berlino (2000), dove inizia il suo percorso espositivo, e lo stage a Milano presso lo studio di Francesco Jodice (2008), dove coltiva la passione per la fotografia e il video. Dal 2012 privilegia la ricerca pittorica e il disegno, e a livello internazionale collabora con la galleria Proarta di Zurigo. Nel 2006 e 2007 realizza due mostre personali presso l'Istituto di cultura tedesca e francese di Bologna. Nel medesimo anno è finalista nella sezione pittura al Premio Celeste. Nel 2008 una sua opera entra nella collezione Samp, (Bologna). Partecipa alla Biennale di Venezia del 2011.
Nel medesimo anno seguono la partecipazione al Festival della Performance, presso la Tenuta dello Scompiglio, (Lucca), a cura di A. Moya Garcia. Nel 2012 è in Argentina, dove realizza una mostra personale presso il Centro Cultural Borges, a cura di Massimo Scaringella. Nel 2013 partecipa ad un progetto collettivo presso la Galleria + di Bologna,  a cura di Raffaele Quattrone e Cittadellarte, Biella. Nel 2016 è finalista al Premio Nocivelli (Brescia), e nel 2019 espone presso la Galleria Studio 53 a Rovereto, a cura di R. Pizzini.
Attiva anche su Bologna, è basata a Rovereto, dove ad oggi ha il proprio studio. La ricerca è un percorso che si evolve su tele di medio e grande formato a partire dal tema autobiografico, che ha caratterizzato gli anni accademici, per poi coniugarsi alla rappresentazione di spazi interni, stanze, arredi stantii. Il cono visivo dell’artista si restringe su angoli interni, focalizzandosi sugli oggetti, quasi mai sul corpo, salvo laddove se ne scorgano tracce. Dell’essere umano restano citazioni, busti romani, suppellettili che come metafisici feticci si stagliano dentro cornici circoscritte. A volte si scorgono riferimenti ai mezzi di comunicazione, reperti obsoleti o scollegati, quasi ad auspicare una comunicazione che viene però interrotta. L’assenza e il vuoto che si respirano nelle immagini creano la dimensione surreale, dove il colore saturo, si fa velluto, legno e mattone. Il linguaggio solo in apparenza figurativo, si struttura attraverso solide campiture, raffigurazioni di arredi e oggetti che divengono totem silenti. I piani delineano polverose e crostose mani di colore, come pareti domestiche di fine novecento, o moquettes variopinte, dipinte con attitudine certosina.
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