opera
aggiungi un posto a tavola
categoria | Video |
soggetto | Politico/Sociale |
tags | |
minuti | 2 |
secondi | 12 |
anno | 2022 |
Due sensazioni simultanee, l’assenza e la presenza, scaturite un pomeriggio nelle campagne toscane con l’avvenire della pioggia, quando intravidi una sedia apparentemente abbandonata sul ciglio della strada e su di essa un ombrello appoggiato.
Da ciò nacque la base del concetto dell’opera, una sedia che in quel momento non era occupata da nessuno, l’ assenza, ma al contempo la consapevolezza della funzione di quella sedia stessa, quindi la presenza di quella figura solita al suo utilizzo, la prostituta.
Si sviluppò da quel momento una riflessione sulla prostituzione, sulla società ed il loro legame strettamente correlata a quello che è sempre stato il concetto della mia arte.
Solo qualche anno dopo però iniziai la realizzazione di questo progetto artistico, il quale partì proprio da ciò che mi si era presentato quel pomeriggio, una sedia.
Come rendere ciò un’opera?
Un’istallazione ed un video.
Iniziai dalla ricerca di tutte quelle sedie che si trovavano ai cigli della strada.
Per mesi durante la notte mi immersi in quella realtà, percorsi diverse strade e mi fermai ogni qual volta mi si presentasse sulla via una prostituta e con essa la sua sedia.
Quindi scambiai, quando possibile, una sedia da me precedentemente comprata con una ceduta da queste donne.
Le mie sedie avrebbero iniziato ad avere da quel momento una funzione e le loro avrebbero ceduto lo spazio occupato dall’assenza delle prostitute, all presenza dello spettatore.
Nel contempo della mia ricerca iniziai il montaggio del video, un video che non voleva essere prettamente tale, ma un mezzo per portare le persone all’interno della realtà della prostituzione,
che con tanto sforzo viene rilegata ai margini della società.
Una sedia, la strada e le macchine, questa è la scena introduttiva, la quotidianità delle prostitute che vivono una vita parallela al movimento della società e che trovano un punto di incontro solamente durante quella pausa di sola necessità fugace delle persone.
Queste sedie non hanno però solo innanzi la strada, dietro ad esse infatti solitamente ci sono campi, sono chiuse da entrambi i fronti da gabbie figurative.
Una seconda scena ci porta quindi in un campo di grano, simbolo di ricchezza e società, luogo che come anticipato si trova alle spalle di queste donne ma che non gli appartiene.
Sul finire dl video l’arrivo di un bianco quasi abbagliante, una montagna, la sedia, un filo rosso, delle forbici e con esse il ritorno allo stato originale.
Il montaggio copre quindi la descrizione di quella che è la realtà delle prostitute, del lavoro al quale la società le circoscrive, la finta purificazione e redenzione da quelle che sono le colpe a loro affibbiate ma che termina con un insuccesso, un ritorno allo stato iniziale, una finta concessione di riscatto da parte della società.
Il percorso che la sdia compie trascinata da questo filo che la spinge verso un obbiettivo ma che viene tagliato; i colori e la granatura del video che con la loro delicatezza vengono sovrastati dal suono prorompete delle gocce d’acque tramutate in pioggia, questa è la manca possibilità di rivalsa delle prostitute.
Da ciò nacque la base del concetto dell’opera, una sedia che in quel momento non era occupata da nessuno, l’ assenza, ma al contempo la consapevolezza della funzione di quella sedia stessa, quindi la presenza di quella figura solita al suo utilizzo, la prostituta.
Si sviluppò da quel momento una riflessione sulla prostituzione, sulla società ed il loro legame strettamente correlata a quello che è sempre stato il concetto della mia arte.
Solo qualche anno dopo però iniziai la realizzazione di questo progetto artistico, il quale partì proprio da ciò che mi si era presentato quel pomeriggio, una sedia.
Come rendere ciò un’opera?
Un’istallazione ed un video.
Iniziai dalla ricerca di tutte quelle sedie che si trovavano ai cigli della strada.
Per mesi durante la notte mi immersi in quella realtà, percorsi diverse strade e mi fermai ogni qual volta mi si presentasse sulla via una prostituta e con essa la sua sedia.
Quindi scambiai, quando possibile, una sedia da me precedentemente comprata con una ceduta da queste donne.
Le mie sedie avrebbero iniziato ad avere da quel momento una funzione e le loro avrebbero ceduto lo spazio occupato dall’assenza delle prostitute, all presenza dello spettatore.
Nel contempo della mia ricerca iniziai il montaggio del video, un video che non voleva essere prettamente tale, ma un mezzo per portare le persone all’interno della realtà della prostituzione,
che con tanto sforzo viene rilegata ai margini della società.
Una sedia, la strada e le macchine, questa è la scena introduttiva, la quotidianità delle prostitute che vivono una vita parallela al movimento della società e che trovano un punto di incontro solamente durante quella pausa di sola necessità fugace delle persone.
Queste sedie non hanno però solo innanzi la strada, dietro ad esse infatti solitamente ci sono campi, sono chiuse da entrambi i fronti da gabbie figurative.
Una seconda scena ci porta quindi in un campo di grano, simbolo di ricchezza e società, luogo che come anticipato si trova alle spalle di queste donne ma che non gli appartiene.
Sul finire dl video l’arrivo di un bianco quasi abbagliante, una montagna, la sedia, un filo rosso, delle forbici e con esse il ritorno allo stato originale.
Il montaggio copre quindi la descrizione di quella che è la realtà delle prostitute, del lavoro al quale la società le circoscrive, la finta purificazione e redenzione da quelle che sono le colpe a loro affibbiate ma che termina con un insuccesso, un ritorno allo stato iniziale, una finta concessione di riscatto da parte della società.
Il percorso che la sdia compie trascinata da questo filo che la spinge verso un obbiettivo ma che viene tagliato; i colori e la granatura del video che con la loro delicatezza vengono sovrastati dal suono prorompete delle gocce d’acque tramutate in pioggia, questa è la manca possibilità di rivalsa delle prostitute.