Ballad of the End

opera
Ballad of the End
Ballad of the End
categoria Altro
soggetto Politico/Sociale, Paesaggio, Figura umana, Astratto, Architettura
tags rovine, performance, architettura, sound art, installazione, project room, post umano, Greg Jager
base 400 cm
altezza 300 cm
profondità 1000 cm
anno 2022
Blocchi di tufo variabili, impianto audio, sound designer, corpi.

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Ballad of the end è un progetto dell’artista Greg Jager.

Il progetto, per sua natura itinerante, è stato presentato per la prima volta nell’ambito della mostra “Materia Nova” a cura di Massimo Mininni presso la Galleria d’arte Moderna di Roma il giorno 8 febbraio 2022 in collaborazione con Jordi Pallarès e DITO Publishing e nell’ottobre 2022 ospitato negli spazi della Fondazione Rusconi a Bologna, in collaborazione con Hidden Garage.

Utilizzando il mattone di tufo come dispositivo di innesco per produrre azioni di costruzione e decostruzione, il progetto riflette sul mondo, il suo peso e sulla sua fine, come eventi collettivi e trainanti di un principio di compartecipazione. Si è potuto osservare che, ai movimenti aspettati o suggeriti dall’artista, si sono aggiunte una serie di azioni non previste. I massi sono stati lanciati, trascinati, sbattuti l’uno contro l’altro, spaccati e sbriciolati. Sono stati utilizzati come piedistalli, poi come percorsi a ostacoli su cui saltare, o usati come cuscini e sedie per sdraiarsi o semplicemente stare. Il gioco e le pause tra il gioco hanno determinato alcuni equilibri endemici nello spazio tra chi agiva e chi osservava l’azione, tra chi tentava architetture verticali, chi tracciava percorsi orizzontali sul pavimento e chi produceva suono, in qualsiasi modo possibile.

Uno degli esiti della performance ha riguardato la creazione di suoni, di trascinamento, di percussione della pietra, di cadute, ed anche la formazione di polveri e macerie, che, attraversate dai partecipanti, scricchiolavano. Il progetto già fortemente connotato nelle sue componenti materiali di pietra arriva a coinvolgere così anche il senso dell’udito oltre che del tatto. Lo spazio si connota in modo multisensoriale. La compresenza degli individui, il loro corpo in movimento, i suoni da loro stessi creati.

Questa l’intuizione dell’Artista: una ballata della fine, su più atti, inafferrabile attraverso un atto unico.
Opera di pietra, di corpi e di suono e del loro combinarsi.

Dove stiamo andando, attraversando polvere e macerie?
Il progetto, già definito attraverso la sua esplicita transdisciplinarietà, muta nel suo presentarsi, di volta in volta, cambiando forma. Oggetto, spazio, corpo, suono, sono al presente, i suoi luoghi. Questo nostro attraversamento, corale, di una materia non definita esattamente, un pulviscolo che sembra poggiarsi su di noi e per poi sparire, ci rende quieti e vigili.


“Il peso del mondo è amore. Sotto il fardello di solitudine
sotto il fardello dell'insoddisfazione il peso,
il peso che portiamo è amore. Chi può negarlo?
[…]
s'affaccia dal cuore ardente di purezza - poiché il fardello della vita è amore,
ma noi il peso lo portiamo stancamente, e dobbiam trovar riposo…”

Pronunciava Allen Ginsberg, ripreso poi dai Massimo Volume “Scuoti i tuoi angeli drogati, Fausto / Stasera ce ne andremo in giro per le vie del centro / Allegri come vecchi bonzi ubriachi / Consapevoli che il peso del mondo è un peso d'amore / Troppo puro da sopportare”

Ballad of The End si presenta come un’occasione, quella di intravedere le potenzialità del lavorare insieme agli altri per un superamento di alcuni limiti legati alla nostra esperienza di mondo, mondo raccontato attraverso la nostra presenza, la nostra azione e co-azione. Siamo insieme, dentro una coreografia che si sta ancora scrivendo, e abbiamo la possibilità di proiettare nel futuro il nostro valore umano, la nostra necessità di lasciare tracce liberate. Liberate dal peso di un’identità gretta, di una tradizione cieca nei confronti del nuovo, della forma e degli equilibri che sembravano inscalfibili. Come scrive Jordi Pallarès, “Ballad of the End è un’opera costantemente incompiuta, dotata di vita e infinite possibilità. Risuona ogni volta che si attiva lo scenius e quando questo non accade si rifugia in un tempo sospeso in attesa dell’imprevedibile.” ...in un lento processo, l’Opera, questa massa retorica e alle volte percepita eccessivamente astratta, stabilisce qui le strutture stesse di cui è fatta, attraverso gli agenti attivi in quel dato momento in quel preciso luogo, e rivendica la sua materialità arcaica, pre-formale, in relazione al corpo che la attraversa e la determina.

Estratto dal testo critico di Martha Micali.
artista
Greg Jager
Artista, Roma
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