opera
Bestiari
categoria | Pittura |
soggetto | Animale |
tags | |
base | 70 cm |
altezza | 50 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2020 |
Da sempre attratto dalla ricchezza fantastica e dalla misticità dei bestiari medievali, negli ultimi anni sono tornato e ritornato in diverse occasioni ad osservare e dipingere la natura selvatica, gli animali, senza mai avere l’esigenza di descrivere o catalogare in modo obiettivo e completo, piuttosto sempre alla ricerca di quei tratti rivelatori di una natura profonda e portatori di significati simbolici, che mi parlassero delle sottili affinità e reciprocità tra “la bestia” e l’umano.
La bestia me la immagino così: disegnata con olio e polpastrelli perché non le puoi mancare di rispetto con gli artigli che noi chiamiamo pennini o mine. Ti prende all’improvviso, nera, con la stessa veemenza e il desiderio di miele dell’orso. È solitaria, ad eccezione della stagione degli amori.
La bestia è stanziale, notturna, crepuscolare. Il suo grido è acuto e stridente come la pentola a vapore.
Il piumaggio chiaro che risalta nella notte, il volo silenzioso e l’abitudine a cacciare nei pressi dei cimiteri ha fatto sì che la bestia nell’antichità fosse rappresentata come un essere maligno o un fantasma, portatore di sfortuna o malessere. Ma se viene catturata, la bestia, si mette supina e sgambetta.
La bestia è sedentaria e abbandona il territorio solo nel caso del sopraggiungere di una severa carestia. La bestia è al tempo stesso ferita e cura, lupo e agnello.
La bestia nella gabbia, abituata al folto della foresta vergine, soffre fortemente la prigionia dimostrandosi di salute cagionevole e sempre malinconica.
La bestia è la scimmia: brutta, malefica e pericolosa. La fantasia popolare preferì vedere il bevitore come la vittima di una scimmia che gli stava appollaiata sulla spalla e lo pressava con il proprio bisogno d’alcol.
La bestia me la immagino così: disegnata con olio e polpastrelli perché non le puoi mancare di rispetto con gli artigli che noi chiamiamo pennini o mine. Ti prende all’improvviso, nera, con la stessa veemenza e il desiderio di miele dell’orso. È solitaria, ad eccezione della stagione degli amori.
La bestia è stanziale, notturna, crepuscolare. Il suo grido è acuto e stridente come la pentola a vapore.
Il piumaggio chiaro che risalta nella notte, il volo silenzioso e l’abitudine a cacciare nei pressi dei cimiteri ha fatto sì che la bestia nell’antichità fosse rappresentata come un essere maligno o un fantasma, portatore di sfortuna o malessere. Ma se viene catturata, la bestia, si mette supina e sgambetta.
La bestia è sedentaria e abbandona il territorio solo nel caso del sopraggiungere di una severa carestia. La bestia è al tempo stesso ferita e cura, lupo e agnello.
La bestia nella gabbia, abituata al folto della foresta vergine, soffre fortemente la prigionia dimostrandosi di salute cagionevole e sempre malinconica.
La bestia è la scimmia: brutta, malefica e pericolosa. La fantasia popolare preferì vedere il bevitore come la vittima di una scimmia che gli stava appollaiata sulla spalla e lo pressava con il proprio bisogno d’alcol.