opera
Déjà-vu – Progetto “Janas”
categoria | Installazione |
soggetto | Politico/Sociale, Figura umana, Bellezza |
tags | museo, déjà-vu, arte |
base | 11 cm |
altezza | 10 cm |
profondità | 2 cm |
anno | 2020 |
Uno spettatore e un quadro e uno strano senso di déjà vu perché l' arte parla a noi di noi e di ciò che ci circonda.
L'opera è una delle prime della serie "Janas" costituita da 90 installazioni con ready-made e oggetti, integralmente concepite e realizzate durante il periodo della quarantena nel tentativo di ripopolare il mondo improvvisamente reso deserto dall'arrivo del virus.
Nel cibo ho trovato la risposta al mio e nostro bisogno di ricreare la comunità, creando condomini di uomini e storie. Nelle scatolette di pesce il limite - fisico e mentale – è diventato possibilità e nuovo spazio di vita, da oggetto - di scarto – a soggetto di opere. La scatola è diventata “casa”, spazio chiuso e allo stesso aperto agli sguardi, finestra tra il mondo degli altri e il mio.
L'opera nello specifico è una riflessione - giocosa e surreale - sul valore dell'arte nella mia e nella nostra vita, sulla sua necessità per la sua capacità di farci comprendere il mondo e di darci visione, traghettandoci oltre con consapevolezza. L'arte infatti permette di agire il presente, osservandolo con lucidità, senza subirlo e può aiutare a immaginare – e quindi creare – il futuro che vogliamo per noi.
L'arte è - ed è stata ancora di più in questa circostanza – cibo per l'anima, respiro e visione di mondi. Quando l'aria pareva mancare tra quattro mura e regole e divieti necessari, l'arte ha restituito futuro e leggerezza al presente, spalancando ciò che era chiuso – fisicamente e mentalmente – e facendo così entrare l'aria fresca di cui abbiamo bisogno per vivere e non sopravvivere. L'arte mi ha restituito la vicinanza che mi mancava, Nell'arte eravamo noi. Insieme e liberi, senza esserlo.
tecnica mista: carta, legno, alluminio, resine plastiche; pezzo unico
L'opera è una delle prime della serie "Janas" costituita da 90 installazioni con ready-made e oggetti, integralmente concepite e realizzate durante il periodo della quarantena nel tentativo di ripopolare il mondo improvvisamente reso deserto dall'arrivo del virus.
Nel cibo ho trovato la risposta al mio e nostro bisogno di ricreare la comunità, creando condomini di uomini e storie. Nelle scatolette di pesce il limite - fisico e mentale – è diventato possibilità e nuovo spazio di vita, da oggetto - di scarto – a soggetto di opere. La scatola è diventata “casa”, spazio chiuso e allo stesso aperto agli sguardi, finestra tra il mondo degli altri e il mio.
L'opera nello specifico è una riflessione - giocosa e surreale - sul valore dell'arte nella mia e nella nostra vita, sulla sua necessità per la sua capacità di farci comprendere il mondo e di darci visione, traghettandoci oltre con consapevolezza. L'arte infatti permette di agire il presente, osservandolo con lucidità, senza subirlo e può aiutare a immaginare – e quindi creare – il futuro che vogliamo per noi.
L'arte è - ed è stata ancora di più in questa circostanza – cibo per l'anima, respiro e visione di mondi. Quando l'aria pareva mancare tra quattro mura e regole e divieti necessari, l'arte ha restituito futuro e leggerezza al presente, spalancando ciò che era chiuso – fisicamente e mentalmente – e facendo così entrare l'aria fresca di cui abbiamo bisogno per vivere e non sopravvivere. L'arte mi ha restituito la vicinanza che mi mancava, Nell'arte eravamo noi. Insieme e liberi, senza esserlo.
tecnica mista: carta, legno, alluminio, resine plastiche; pezzo unico