opera
Ego
categoria | Altro |
soggetto | Bellezza, Natura, Politico/Sociale |
tags | heart, ego, soul, fabric, shape, dark |
base | 68 cm |
altezza | 87 cm |
profondità | 5 cm |
anno | 2020 |
pastello e tecnica mista su tavola
opera unica
L’opera invita a riflettere su come si debba ripensare il modo di “incontrarsi” e comunicare nella nostra contemporaneità, in un epoca digitale, fatta di connessioni senza fili che ci tengono costantemente connessi l’uno all’altro, eppure, allo stesso tempo, profondamente lontani e distanti.
Una distanza emotiva che la tecnologia non può colmare fino in fondo.
L’ego narrato nell’opera ci spinge a fare un passo indietro, ad affrontare la sfera relazione in maniera “analogica”, autentica. Ci restituisce un’immagine estranea e al contempo familiare, una sorta di enigma compositivo, traduzione segnica e materica dell’incomunicabilità contemporanea, della distanza in apparenza incolmabile che separa l’io dall’altro, unita all’impossibilità di trascendere emotivamente le barriere linguistiche e informatiche odierne.
La figura disegnata sul legno sembra quasi volersi ritrarre nell’oscurità e al contempo far emergere qualcos’altro, un rimando alla dimensione interiore, esemplificata attraverso l’immagine emblematica di un cuore nudo e pulsante.
I filamenti rossi che scaturiscono come luce dal muscolo cardiaco non sono rivolti verso lo spettatore, come avviene nelle innumerevoli rappresentazioni dell’iconografia cristiana, bensì deviano da un lato e diventano parte di un linguaggio artificiale e complesso che sfugge all’immediatezza. Un linguaggio binario, quello morse, che riporta la parola stessa “EGO”.
opera unica
L’opera invita a riflettere su come si debba ripensare il modo di “incontrarsi” e comunicare nella nostra contemporaneità, in un epoca digitale, fatta di connessioni senza fili che ci tengono costantemente connessi l’uno all’altro, eppure, allo stesso tempo, profondamente lontani e distanti.
Una distanza emotiva che la tecnologia non può colmare fino in fondo.
L’ego narrato nell’opera ci spinge a fare un passo indietro, ad affrontare la sfera relazione in maniera “analogica”, autentica. Ci restituisce un’immagine estranea e al contempo familiare, una sorta di enigma compositivo, traduzione segnica e materica dell’incomunicabilità contemporanea, della distanza in apparenza incolmabile che separa l’io dall’altro, unita all’impossibilità di trascendere emotivamente le barriere linguistiche e informatiche odierne.
La figura disegnata sul legno sembra quasi volersi ritrarre nell’oscurità e al contempo far emergere qualcos’altro, un rimando alla dimensione interiore, esemplificata attraverso l’immagine emblematica di un cuore nudo e pulsante.
I filamenti rossi che scaturiscono come luce dal muscolo cardiaco non sono rivolti verso lo spettatore, come avviene nelle innumerevoli rappresentazioni dell’iconografia cristiana, bensì deviano da un lato e diventano parte di un linguaggio artificiale e complesso che sfugge all’immediatezza. Un linguaggio binario, quello morse, che riporta la parola stessa “EGO”.