opera
Frammenti- Raccolta di Disegni per la Valle del Belice
categoria | Disegno |
soggetto | Politico/Sociale, Paesaggio, Natura, Architettura |
tags | luoghi, terremoto, Valle del Belice, architettura, rovine, paesaggio |
base | 70 cm |
altezza | 51 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2021 |
ossido minerale e pigmenti su carta
Nella ricerca di Marilina Marchica il «luogo autentico» coincide con quello mentale; il suo lavoro si origina all’interno di una partitura in cui l'armonizzazione tra spazio, volume, forma e tessitura assume un'importanza fondamentale. Una sorta di omoritmia con la terra nella quale poter sprofondare per assorbirne l'humus e rielaborare una personale idea di vissuto domestico: poiché «poeticamente abita l’uomo» scrive Friedrich Hölderlin e in questo pensiero risiede il più vasto e immateriale senso dell’esistenza come connessione tra passato e presente (o forse il futuro). Abitare poeticamente vuol dire per Hölderlin essere toccato dalla vicinanza della vera essenza delle cose e Marilina è consapevole di quanto il passato sia indispensabile nella costruzione dell’immagine dei luoghi e quanto la rete costituita dalla loro presenza abbia preservato a lungo il territorio siciliano specie in un sito come quello di Poggioreale in cui, dopo il terremoto del 1968, il tempo in realtà non si è fermato, ma ha continuato a progettare e agire in autonomia, invadendo, costruendo e nascondendo, alternando pieni e vuoti fisici e psicologici. Questa suggestione ha permesso all’artista di dar vita, attraverso i suoi lavori, ad una nuova narrazione frutto dell'intensa connessione con un paesaggio più intimo e di scoprire gli itinerari scomparsi o nascosti di una topografia sentimentale. Nel suo lavoro questi tracciati emergono sia palesemente (e fisicamente), attraverso frammenti decontestualizzati che ne amplificano drammaticamente il ruolo, sia intimamente, in una dimensione più celata, volta all’evocazione di emozioni che appartengono alla successione di eventi che hanno caratterizzato la storia di Poggioreale.
Questa connessione fa dialogare il vissuto con ciò che è adesso in un'inedita forma di metapaesaggio disseminato di tracce decadenti appartenute alle azioni, alle parole, alle esistenze spezzate rese solenni ed eterne attraverso l'azione mutevole di materia e chimica convertite in arte. Così cemento, carta da parati, pietre, mattoni irrimediabilmente violati dall'opera degli agenti atmosferici e da organismi pluricellulari, già supporti a beneficio di quel tempo “architetto”, diventano, nell'atto artistico della Marchica, gli strumenti per testimoniare il rapporto ciclico tra la vita e la morte: un continuo divenire i cui elementi, legati al vuoto e ad una assenza fin troppo tangibile, restano incisi e indelebili come le orme del suolo che abbiamo calpestato e che altri dopo di noi calpesteranno, mischiando la nostra vita ad altre storie e ad altri eventi.
Francesco Piazza
Nella ricerca di Marilina Marchica il «luogo autentico» coincide con quello mentale; il suo lavoro si origina all’interno di una partitura in cui l'armonizzazione tra spazio, volume, forma e tessitura assume un'importanza fondamentale. Una sorta di omoritmia con la terra nella quale poter sprofondare per assorbirne l'humus e rielaborare una personale idea di vissuto domestico: poiché «poeticamente abita l’uomo» scrive Friedrich Hölderlin e in questo pensiero risiede il più vasto e immateriale senso dell’esistenza come connessione tra passato e presente (o forse il futuro). Abitare poeticamente vuol dire per Hölderlin essere toccato dalla vicinanza della vera essenza delle cose e Marilina è consapevole di quanto il passato sia indispensabile nella costruzione dell’immagine dei luoghi e quanto la rete costituita dalla loro presenza abbia preservato a lungo il territorio siciliano specie in un sito come quello di Poggioreale in cui, dopo il terremoto del 1968, il tempo in realtà non si è fermato, ma ha continuato a progettare e agire in autonomia, invadendo, costruendo e nascondendo, alternando pieni e vuoti fisici e psicologici. Questa suggestione ha permesso all’artista di dar vita, attraverso i suoi lavori, ad una nuova narrazione frutto dell'intensa connessione con un paesaggio più intimo e di scoprire gli itinerari scomparsi o nascosti di una topografia sentimentale. Nel suo lavoro questi tracciati emergono sia palesemente (e fisicamente), attraverso frammenti decontestualizzati che ne amplificano drammaticamente il ruolo, sia intimamente, in una dimensione più celata, volta all’evocazione di emozioni che appartengono alla successione di eventi che hanno caratterizzato la storia di Poggioreale.
Questa connessione fa dialogare il vissuto con ciò che è adesso in un'inedita forma di metapaesaggio disseminato di tracce decadenti appartenute alle azioni, alle parole, alle esistenze spezzate rese solenni ed eterne attraverso l'azione mutevole di materia e chimica convertite in arte. Così cemento, carta da parati, pietre, mattoni irrimediabilmente violati dall'opera degli agenti atmosferici e da organismi pluricellulari, già supporti a beneficio di quel tempo “architetto”, diventano, nell'atto artistico della Marchica, gli strumenti per testimoniare il rapporto ciclico tra la vita e la morte: un continuo divenire i cui elementi, legati al vuoto e ad una assenza fin troppo tangibile, restano incisi e indelebili come le orme del suolo che abbiamo calpestato e che altri dopo di noi calpesteranno, mischiando la nostra vita ad altre storie e ad altri eventi.
Francesco Piazza