opera
OSTEON
categoria | Scultura |
soggetto | Politico/Sociale, Natura, Astratto |
tags | natura, organico, organismo, resina, scheletro, natura, reperto, museo, ossa, osso, installazione |
base | 220 cm |
altezza | 20020 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2018 |
Resina, mediodenso e vernici
La scultura-installazione OSTEON appartiene alla famiglia denominata Scheletrica, che comprende i Reperti, gli Ossimori, gli Scheletranti e altri gruppi scultorei, ciascuno dei quali è caratterizzato da configurazioni e nuances osteologiche. Si tratta di conformazioni impossibili, decisamente fantastiche, che finiscono per rimescolare il reale nell’artificiale, risignificando inoltre il nostro presente alla luce di un passato remoto. Talvolta i singoli ritrovamenti vengono presentati all’interno di teche in vetro, nell’intento di metterci in relazione e a stretto contatto con autentici reperti da museo; in altri casi il ritrovamento è costituito da diverse parti che fanno pensare a qualche animale ormai estinto, o a gigantesche creature che sembrano appartenere alla mitologia.
È come se una fenditura si fosse aperta nella nostra dimensione spaziotemporale per permetterci di osservare un mondo parallelo, un altro-dove e un altro-quando disseminato da un’infinità di cimeli, tanto misteriosi quanto affascinanti.
La scultura è una sorta di reperto, repertum [“reperti”] che ha una duplice accezione: “ritrovamento” e “trovata, invenzione”. Assume quindi una lettura ambivalente, che la lingua latina già contemplava; da un lato un oggetto presumibilmente antico che, restituito alla nostra attenzione, è in attesa di essere sottoposto a più accurate indagini, dall’altro lato una vera e propria scoperta, ossia l’invenzione di qualcosa che è in grado di destabilizzare la nostra concezione della vita e di tutta la storia, soprattutto quella biologica.
La scultura-installazione OSTEON appartiene alla famiglia denominata Scheletrica, che comprende i Reperti, gli Ossimori, gli Scheletranti e altri gruppi scultorei, ciascuno dei quali è caratterizzato da configurazioni e nuances osteologiche. Si tratta di conformazioni impossibili, decisamente fantastiche, che finiscono per rimescolare il reale nell’artificiale, risignificando inoltre il nostro presente alla luce di un passato remoto. Talvolta i singoli ritrovamenti vengono presentati all’interno di teche in vetro, nell’intento di metterci in relazione e a stretto contatto con autentici reperti da museo; in altri casi il ritrovamento è costituito da diverse parti che fanno pensare a qualche animale ormai estinto, o a gigantesche creature che sembrano appartenere alla mitologia.
È come se una fenditura si fosse aperta nella nostra dimensione spaziotemporale per permetterci di osservare un mondo parallelo, un altro-dove e un altro-quando disseminato da un’infinità di cimeli, tanto misteriosi quanto affascinanti.
La scultura è una sorta di reperto, repertum [“reperti”] che ha una duplice accezione: “ritrovamento” e “trovata, invenzione”. Assume quindi una lettura ambivalente, che la lingua latina già contemplava; da un lato un oggetto presumibilmente antico che, restituito alla nostra attenzione, è in attesa di essere sottoposto a più accurate indagini, dall’altro lato una vera e propria scoperta, ossia l’invenzione di qualcosa che è in grado di destabilizzare la nostra concezione della vita e di tutta la storia, soprattutto quella biologica.