PRATICARE IL SILENZIO, TRACCIARNE LA FORMA.
SACCA Gallery, Modica 2024
Cosa rimane del silenzio? Un’eco precaria in cui tutto è contenuto nella sua forma essenziale, in bilico prima del frastuono prodotto da un fruscio.
Per interrogarsi ed esaminare il valore paradigmatico della diversità nell’arte, il suono e il silenzio sono ottime metafore, che rivelano automaticamente una naturale condizione dell’essere umano, causa di denigrazione fino a qualche decennio fa. Banalmente basti pensare che una madre non potrà generare due volte lo stesso figlio: questo testimonia che la diversità è la prerogativa alla base dell’origine dell’Uomo. Di fatti le sfaccettature comportamentali e le dinamiche psicologiche che ritraggono il carattere dell’individuo, saranno costantemente differenti, nonostante ognuno di questi viva all’interno del medesimo nucleo familiare o nella stessa società. A questi si aggiungono ulteriormente esperienze e interessi personali nei riguardi di particolari cose del mondo e della vita, che renderanno unico il singolo.
In ambito sociologico, analizzando le evoluzioni della società tecnologica dalla fine degli anni Novanta ad oggi, è evidente come l’unicità sia stata esponenzialmente sostituita da un’omologazione che ha coinvolto principalmente mode e pratiche sociali, trasformando serialmente gli individui in ideali prodotti commerciali. Questo fenomeno è ricaduto analogamente in ambito artistico, comportando un’incisiva complessità sulla ricerca di essenziali barlumi di diversità incontaminata nella produzione d’arte, in cui siano ancora conservati valori e significati non predefiniti a priori. In particolar modo nel corso dell’ultimo decennio è riscontrabile il ritorno ad un’arte già affrontata, le cui prime evidenti qualità rappresentano soltanto delle approssimative citazioni tecnico-formali, alle quali si aggiungono contenuti tematici ampiamente abusati, nonché privi di originalità. In questo contesto stagnante il passato artistico gioca un ruolo da stampella logico-concettuale, a sostegno di un’arte prodotta dallo strascico di profumi passati, che a loro tempo hanno lasciato segni importanti sul volto dell’arte. Se è vero che nella forma risieda il concetto stesso dell’opera, allora la recente produzione d’arte perde man mano forma e insegue teoricamente idee obsolete e ampiamente sdoganate, producendo rumore visivo e speculativo.
Alludendo al suono come simbolo dell’ordine armonico e significante degli elementi che costituiscono l’arte, forme, immagini e concetti accumulati indistinguibilmente – la cui originale natura critica si fatica ad individuarla se non in opere storicizzate e mature – ne hanno comportato una sostanziale mutazione. La percezione è quella di un rumore caotico, non ordinato, in cui le singole note scomposte non restituiscono un’ideale melodia alternata, bensì un monotono rumore non ragionato. Il prodotto è la totale crisi e diminuzione del valore estetico; un rumore speculativo dell’immagine, in cui l’opera d’arte è generata da un’interferenza che agisce sul piano estetico-significante, causa di sovrapposizioni tecnico-concettuali impegnate nella giustificazione del proprio frastuono. Bisogna, dunque, tentare un ritorno alla base di tutto, all’essenzialità dei minimi termini, ad un silenzio dal quale generare nuove sonorità a contatto con la sincerità dell’arte; annullare gli inutili decori teorici figli di un tempo oltrepassato e accedere nuovamente ad atmosfere significative sia per l’individuo che per la società.
Francesca Baglieri, Andrea Mario Bert, Gabriele Gino Fazio, Marilina Marchica, Silvia Muscolino, Ettore Pinelli, Federico Severino, Roberto Orlando e Rossella Poidomani sono i nove artisti che in modi tra loro differenti hanno avuto un confronto o un legame diretto con il territorio circostante a Modica. SACCA GALLERY funge da coordinata di riferimento per l’avviamento di una ricerca solo inizialmente territoriale, ma che vuole declinarsi nel tempo, intenta a mettere in evidenza produzioni autonome e libere dalle contaminazioni passate, capaci di strutturare originali metodologie produttive per nuovi ambiti di indagine. “Praticare il silenzio, tracciarne la forma” è una mostra che vuole sfidare le contemporanee criticità della ricerca dell’unicità e fa del silenzio pretesto e luogo praticabile idealmente, da cui ricavare informazioni codificabili in forme di nuovo pregnanti di significati concettuali. È possibile, solo attraverso una relazione con il silenzio – ossia con l’apparente mancanza di informazione – realizzarne un personale ritratto che manifesti forme e idee esclusivamente appartenenti alle esperienze e agli interessi personali che rendono unico ogni individuo.
Mario Bronzino
Cosa rimane del silenzio? Un’eco precaria in cui tutto è contenuto nella sua forma essenziale, in bilico prima del frastuono prodotto da un fruscio.
Per interrogarsi ed esaminare il valore paradigmatico della diversità nell’arte, il suono e il silenzio sono ottime metafore, che rivelano automaticamente una naturale condizione dell’essere umano, causa di denigrazione fino a qualche decennio fa. Banalmente basti pensare che una madre non potrà generare due volte lo stesso figlio: questo testimonia che la diversità è la prerogativa alla base dell’origine dell’Uomo. Di fatti le sfaccettature comportamentali e le dinamiche psicologiche che ritraggono il carattere dell’individuo, saranno costantemente differenti, nonostante ognuno di questi viva all’interno del medesimo nucleo familiare o nella stessa società. A questi si aggiungono ulteriormente esperienze e interessi personali nei riguardi di particolari cose del mondo e della vita, che renderanno unico il singolo.
In ambito sociologico, analizzando le evoluzioni della società tecnologica dalla fine degli anni Novanta ad oggi, è evidente come l’unicità sia stata esponenzialmente sostituita da un’omologazione che ha coinvolto principalmente mode e pratiche sociali, trasformando serialmente gli individui in ideali prodotti commerciali. Questo fenomeno è ricaduto analogamente in ambito artistico, comportando un’incisiva complessità sulla ricerca di essenziali barlumi di diversità incontaminata nella produzione d’arte, in cui siano ancora conservati valori e significati non predefiniti a priori. In particolar modo nel corso dell’ultimo decennio è riscontrabile il ritorno ad un’arte già affrontata, le cui prime evidenti qualità rappresentano soltanto delle approssimative citazioni tecnico-formali, alle quali si aggiungono contenuti tematici ampiamente abusati, nonché privi di originalità. In questo contesto stagnante il passato artistico gioca un ruolo da stampella logico-concettuale, a sostegno di un’arte prodotta dallo strascico di profumi passati, che a loro tempo hanno lasciato segni importanti sul volto dell’arte. Se è vero che nella forma risieda il concetto stesso dell’opera, allora la recente produzione d’arte perde man mano forma e insegue teoricamente idee obsolete e ampiamente sdoganate, producendo rumore visivo e speculativo.
Alludendo al suono come simbolo dell’ordine armonico e significante degli elementi che costituiscono l’arte, forme, immagini e concetti accumulati indistinguibilmente – la cui originale natura critica si fatica ad individuarla se non in opere storicizzate e mature – ne hanno comportato una sostanziale mutazione. La percezione è quella di un rumore caotico, non ordinato, in cui le singole note scomposte non restituiscono un’ideale melodia alternata, bensì un monotono rumore non ragionato. Il prodotto è la totale crisi e diminuzione del valore estetico; un rumore speculativo dell’immagine, in cui l’opera d’arte è generata da un’interferenza che agisce sul piano estetico-significante, causa di sovrapposizioni tecnico-concettuali impegnate nella giustificazione del proprio frastuono. Bisogna, dunque, tentare un ritorno alla base di tutto, all’essenzialità dei minimi termini, ad un silenzio dal quale generare nuove sonorità a contatto con la sincerità dell’arte; annullare gli inutili decori teorici figli di un tempo oltrepassato e accedere nuovamente ad atmosfere significative sia per l’individuo che per la società.
Francesca Baglieri, Andrea Mario Bert, Gabriele Gino Fazio, Marilina Marchica, Silvia Muscolino, Ettore Pinelli, Federico Severino, Roberto Orlando e Rossella Poidomani sono i nove artisti che in modi tra loro differenti hanno avuto un confronto o un legame diretto con il territorio circostante a Modica. SACCA GALLERY funge da coordinata di riferimento per l’avviamento di una ricerca solo inizialmente territoriale, ma che vuole declinarsi nel tempo, intenta a mettere in evidenza produzioni autonome e libere dalle contaminazioni passate, capaci di strutturare originali metodologie produttive per nuovi ambiti di indagine. “Praticare il silenzio, tracciarne la forma” è una mostra che vuole sfidare le contemporanee criticità della ricerca dell’unicità e fa del silenzio pretesto e luogo praticabile idealmente, da cui ricavare informazioni codificabili in forme di nuovo pregnanti di significati concettuali. È possibile, solo attraverso una relazione con il silenzio – ossia con l’apparente mancanza di informazione – realizzarne un personale ritratto che manifesti forme e idee esclusivamente appartenenti alle esperienze e agli interessi personali che rendono unico ogni individuo.
Mario Bronzino
L'UOMO RAGGIUNGE IL PROPRIO CUORE A FORZA DI PROFONDE INTUIZIONI E RIVOLUZIONI PERSONALI.
DIPINGENDO INCESSANTEMENTE LA PROPRIA NOTTE INTERIORE,ILLUMINATA DAL SOLE.
E QUANDO IL GIORNO E LA NOTTE ALLA FINE SI RIUNISCONO,È AVVENUTO IL MIRACOLO.
Artista italiano cresciuto a Forlì, viene educato alle Arti sin da piccolo.
Diplomato al Liceo Scientifico, si iscrive nel 2010 all'Accademia di Belle Arti di Bologna dove frequenta il corso di Arti Visive e si distingue da subito per la sua ricerca: lo studio del cielo e delle sue infinite possibilità.
Negli anni accademici inizia anche il suo percorso espositivo con le prime mostre personali, oltre ai primi importanti riconoscimenti tra cui il 2° posto al Premio Nazionale delle Arti 2012presso l'Accademia Albertina di Torino e vincitore nel 2014 dello storico Premio Internazionale Marina presso il Museo MAR di Ravenna, con mostra personale a cura di Claudio Spadoni e Bruno Bandini.
Terminato il periodo nell'Accademia bolognese, nel 2016 il suo lavoro viene selezionato dalla storica Galleria Forni di Bologna, che lo inserisce da subito nei programmi di esposizioni e fiere internazionali a partire dalla personale a cura di Beatrice Buscaroli “Dal balcone del cielo”.
La sua arte ha così modo di evolversi negli anni, potenziando le basi pittoriche in forme espressive nuove, passanti per studi di scultura e installazione che lo hanno condotto a generare con entusiasmo progetti e collaborazioni sempre differenti.
Nel 2021 è invitato dall'Istituto di Cultura Italiana di Cracovia e Bratislava a presentare le mostre personali “Memento” e “L'ombra del Beato Regno”. Nel 2023 è vincitore ex equo nella sezione Urban Art della 16° edizione dell' Artelaguna Prize di Venezia con l'opera “Esiste una disciplina che apre gli spazi”. Ha recentemente collaborato con RAI e sviluppato progetti personali e collettivi a livello internazionale.
Grande ricercatore di Quadrifogli e professore di disegno, vive e Dipinge tra le Nuvole e Forlì.
DIPINGENDO INCESSANTEMENTE LA PROPRIA NOTTE INTERIORE,ILLUMINATA DAL SOLE.
E QUANDO IL GIORNO E LA NOTTE ALLA FINE SI RIUNISCONO,È AVVENUTO IL MIRACOLO.
Artista italiano cresciuto a Forlì, viene educato alle Arti sin da piccolo.
Diplomato al Liceo Scientifico, si iscrive nel 2010 all'Accademia di Belle Arti di Bologna dove frequenta il corso di Arti Visive e si distingue da subito per la sua ricerca: lo studio del cielo e delle sue infinite possibilità.
Negli anni accademici inizia anche il suo percorso espositivo con le prime mostre personali, oltre ai primi importanti riconoscimenti tra cui il 2° posto al Premio Nazionale delle Arti 2012presso l'Accademia Albertina di Torino e vincitore nel 2014 dello storico Premio Internazionale Marina presso il Museo MAR di Ravenna, con mostra personale a cura di Claudio Spadoni e Bruno Bandini.
Terminato il periodo nell'Accademia bolognese, nel 2016 il suo lavoro viene selezionato dalla storica Galleria Forni di Bologna, che lo inserisce da subito nei programmi di esposizioni e fiere internazionali a partire dalla personale a cura di Beatrice Buscaroli “Dal balcone del cielo”.
La sua arte ha così modo di evolversi negli anni, potenziando le basi pittoriche in forme espressive nuove, passanti per studi di scultura e installazione che lo hanno condotto a generare con entusiasmo progetti e collaborazioni sempre differenti.
Nel 2021 è invitato dall'Istituto di Cultura Italiana di Cracovia e Bratislava a presentare le mostre personali “Memento” e “L'ombra del Beato Regno”. Nel 2023 è vincitore ex equo nella sezione Urban Art della 16° edizione dell' Artelaguna Prize di Venezia con l'opera “Esiste una disciplina che apre gli spazi”. Ha recentemente collaborato con RAI e sviluppato progetti personali e collettivi a livello internazionale.
Grande ricercatore di Quadrifogli e professore di disegno, vive e Dipinge tra le Nuvole e Forlì.