opera
The hanging gardens of Babylon
categoria | Fotografia |
soggetto | Architettura |
tags | fotografia, architettura, architettura italiana, scale, palazzi abbandonati, malinconia, abbandono, Caravaggio, fine art, luce |
base | 120 cm |
altezza | 90 cm |
profondità | 0 cm |
anno | 2020 |
Stampa fotografica su carta baritata fine art montata su pannello dibond in alluminio ed incorniciata con cornice nera in alluminio (1 cm)
9 esemplari 120x90 cm e 5 esemplari 185x138 cm
Nel nord est italiano, ai bordi di un piccolo paese, esiste un palazzo che ha superato abbondantemente il normale stato di decadimento che normalmente vedo nelle mie esplorazioni. Gran parte della sua struttura ha ceduto e molte stanze sono solo degli scheletri senza più pavimenti e soffitti.
Lo spazio naturale, derubato della sua integrità centinaia di anni fa al momento della costruzione del palazzo, si sta riprendendo nelle ultime decadi quel che le era stato tolto.
La vegetazione rampicante selvaggia si è impadronita dei muri e ricopre gran parte dei lati e la sommità delle stanze a cielo aperto. Una giungla che inghiotte gli antichi resti di una civiltà perduta. Nella mia fantasia immaginavo l'antica Babilonia con i suoi giardini pensili.
quando arrivo alla vecchia scalinata lo stupore si impadronisce di me.
Eccola lì, austera e strenua nella sua resistenza. Una scala che non porta a nulla, rimasta esteticamente fine a se stessa.
Raggiunge tranquillamente gli 8 metri nella sua altezza ma l'elemento vincente, la ciliegina sulla torta che dà quel valore aggiunto, è un albero che è cresciuto su una sporgenza a metà altezza. Quella pianta, ormai albero, doveva trovarsi lì da almeno un decennio giudicando la consistenza del tronco.
Ripresomi dall'iniziale stupore inizio ad attivare il fotografo che è in me. Da terra ed a distanza così ravvicinata è impossibile realizzare una foto d'architettura che mantenga le linee delle pareti verticali, condizione necessaria a trasmettere una certa canonicità, ordine e senso di realtà.
Per fotografare frontalmente bisognava trovarsi ad un livello superiore dal terreno. Le ali non erano un opzione.
Frontalmente alla scala esisteva al primo piano un'apertura di una stanza che in realtà era un sottile spazio che dava sul vuoto, esattamente come si può notare nelle altre aperture ai lati di questa foto.
Curiosando in giro ho reperito degli oggetti che potessero fungere da scala improvvisata. Una volta sopra avevo un sottile spazio di mezzo metro dove stare compreso il treppiede, con le gambe così poco aperte per renderlo stabile che sembrava quasi chiuso. Infatti io stavo a lato del treppiede, non potevo stare dietro il treppiede, così con vari contorsionismi, in bilico a 4 metri d'altezza, regolavo le varie impostazioni della fotocamera.
Con la scala l'albero era il protagonista comprimario, il signore del mio personalissimo giardino pensile di Babilonia. Un elemento cresciuto indisturbato in un luogo improbabile. L'anomalia che attrae.
I nomi dei luoghi vengono omessi per preservarne l'incolumità.
9 esemplari 120x90 cm e 5 esemplari 185x138 cm
Nel nord est italiano, ai bordi di un piccolo paese, esiste un palazzo che ha superato abbondantemente il normale stato di decadimento che normalmente vedo nelle mie esplorazioni. Gran parte della sua struttura ha ceduto e molte stanze sono solo degli scheletri senza più pavimenti e soffitti.
Lo spazio naturale, derubato della sua integrità centinaia di anni fa al momento della costruzione del palazzo, si sta riprendendo nelle ultime decadi quel che le era stato tolto.
La vegetazione rampicante selvaggia si è impadronita dei muri e ricopre gran parte dei lati e la sommità delle stanze a cielo aperto. Una giungla che inghiotte gli antichi resti di una civiltà perduta. Nella mia fantasia immaginavo l'antica Babilonia con i suoi giardini pensili.
quando arrivo alla vecchia scalinata lo stupore si impadronisce di me.
Eccola lì, austera e strenua nella sua resistenza. Una scala che non porta a nulla, rimasta esteticamente fine a se stessa.
Raggiunge tranquillamente gli 8 metri nella sua altezza ma l'elemento vincente, la ciliegina sulla torta che dà quel valore aggiunto, è un albero che è cresciuto su una sporgenza a metà altezza. Quella pianta, ormai albero, doveva trovarsi lì da almeno un decennio giudicando la consistenza del tronco.
Ripresomi dall'iniziale stupore inizio ad attivare il fotografo che è in me. Da terra ed a distanza così ravvicinata è impossibile realizzare una foto d'architettura che mantenga le linee delle pareti verticali, condizione necessaria a trasmettere una certa canonicità, ordine e senso di realtà.
Per fotografare frontalmente bisognava trovarsi ad un livello superiore dal terreno. Le ali non erano un opzione.
Frontalmente alla scala esisteva al primo piano un'apertura di una stanza che in realtà era un sottile spazio che dava sul vuoto, esattamente come si può notare nelle altre aperture ai lati di questa foto.
Curiosando in giro ho reperito degli oggetti che potessero fungere da scala improvvisata. Una volta sopra avevo un sottile spazio di mezzo metro dove stare compreso il treppiede, con le gambe così poco aperte per renderlo stabile che sembrava quasi chiuso. Infatti io stavo a lato del treppiede, non potevo stare dietro il treppiede, così con vari contorsionismi, in bilico a 4 metri d'altezza, regolavo le varie impostazioni della fotocamera.
Con la scala l'albero era il protagonista comprimario, il signore del mio personalissimo giardino pensile di Babilonia. Un elemento cresciuto indisturbato in un luogo improbabile. L'anomalia che attrae.
I nomi dei luoghi vengono omessi per preservarne l'incolumità.